Lo Skatepark di Campo di Marte nasce nel 2019 dopo due anni di impegno spesi da parte dell3 skater locali tra raccolta firme e incontri con il comune di Firenze; dalla sua realizzazione, si è creata una comunità di persone che tutt’ora frequentano e si prendono cura dello spazio, che così è diventato luogo di connessioni e scambi intergenerazionali, interculturali e sociali. Questo è un esempio di come uno spazio in cui le persone possano condividere una passione vada a creare un reale senso di comunità, che potrebbe essere replicabile in altri luoghi della città.
Infatti, considerata la mancanza di servizi messi a disposizione della socialità e della cultura dal basso, sottolineaimo quanto lo Skatepark di Campo di Marte rappresenti un prezioso esempio di come una comunità possa organizzarsi per ottenere risultati concreti: la messa a disposizione di uno spazio pubblico per tutt3.
Tutto ciò non significa esaltare la “generosità” delle amministrazioni e delle burocrazie cittadine relativamente all’esaudimento delle richieste che emergono dalla socialità dal basso; piuttosto, la Rete di Collettivi Wish Parade e VeneraLA ritiengono essenziale mettere l’accento sul ruolo dell’immaginazione – immaginare uno Skatepark dove attualmente non c’è.
Dobbiamo tornare a immaginare la realtà.
Dobbiamo tornare a immaginare spazi, comunità.
Dobbiamo tornare a immaginare.
In un mondo in cui il potere non è più solo ciò che domina, ma anche ciò che viene accettato, in un mondo in cui il potere mira alla gestione capillare delle nostre vite, dei nostri corpi e delle nostre menti in modo da renderci solo consumatori e consumatrici – non più cittadin3 -, l’immaginazione è già un atto di resistenza.
Dobbiamo allenarci ad immaginare l’impossibile. O meglio: “organizzare l’impossibile”, come abbiamo scritto a caratteri cubitali in uno degli striscioni preparati per il corteo del 18 ottobre con il Collettivo di Fabbrica ex GKN.
Perché oggi i fascismi sopravvivono nelle democrazie e, sotto l’apparenza di libertà, producono paura, solitudine, conformismo. Oggi il dominio non è più imposto dal terrore, ma dalla rassegnazione e dalla sorveglianza.
In una società che tenta di inglobare al proprio interno anche il dissenso come merce, dobbiamo tornare a immaginare il dissenso come pratica. Dobbiamo immaginare la possibilità di educarci alla trasgressione.
E per fare questo dobbiamo prenderci cura di tutt3 noi, attraverso la festa come esercizio orizzontale di ascolto, desiderio e – soprattutto – consenso.